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388 storia della decadenza

Unni avesse fissato come un principio di giurisprudenza nazionale, ch’ei non potesse mai perdere il dominio, che aveva una volta acquistato sulle persone, che si erano volontariamente o con ripugnanza sottomesse alla sua autorità. Da questo principio concludeva, e le conclusioni d’Attila erano irrevocabili leggi, che gli Unni, i quali erano stati presi in guerra, fossero rilasciati senza dilazione e senza riscatto; che ogni schiavo Romano, che avesse ardito di fuggire dovesse comprare il diritto alla sua libertà col prezzo di dodici monete d’oro; e che tutti i Barbari, disertati dal campo di Attila, fossero restituiti senza promessa o stipulazione alcuna di perdono. Nell’esecuzione di questo crudele ed ignominioso trattato, i Ministri Imperiali furon costretti ad uccidere varj fedeli e nobili disertori, che ricusarono d’andare incontro ad una certa morte; ed i Romani perderono qualunque ragionevol diritto alla amicizia d’ogni popolo Scita, mediante questa pubblica confessione, ch’essi mancavan di fede o di potenza per difendere i supplichevoli, che s’erano rifuggiti al trono di Teodosio1.

La fermezza d’una sola città, così oscura, che fuori

    gran prodotto. Ogni casa ricca possedeva una tavola semicircolare d’argento massiccio, che appena due uomini potevano alzare, un vaso d’oro sodo del peso di quaranta libbre, de’ bicchieri, de’ piatti dell’istesso metallo ec.

  1. Gli articoli del Trattato, esposti senza grand’ordine o precisione, si posson vedere appresso Prisco, p. 34, 35, 36, 37, 53 ec. Il Conte Marcellino dà qualche conforto coll’osservare, I. che Attila stesso sollecitò la pace ed i presenti, che prima avea ricusato; e II. che verso il medesimo tempo gli Ambasciatori dell’India presentarono all’Imperator Teodosio una molto grossa tigre addomesticata.