Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/401

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dell'impero romano cap. xxxiv. 395

fiume: facevan la loro navigazione in ampi canotti formati dal tronco di un solo albero incavato; i Ministri di Teodosio furono trasportati sicuri all’altra riva, ed i Barbari loro compagni subito s’affrettarono verso il campo d’Attila, che era preparato ugualmente pei divertimenti della caccia o della guerra. Appena Massimino erasi allontanato circa due miglia dal Danubio, che principiò a sperimentare la fastidiosa insolenza del vincitore. Gli fu assolutamente proibito d’alzar le sue tende in una piacevol vallata per timore che non violasse il distante rispetto dovuto all’abitazione Reale. I Ministri d’Attila insistettero perchè comunicasse loro gli affari e le istruzioni, che ei riservava per la persona del loro Sovrano. Allorchè Massimino moderatamente allegò il costume contrario delle nazioni, restò sempre più confuso nel sapere, che le risoluzioni del Sacro Consistoro, quei segreti (dice Prisco) che non dovrebbero rivelarsi neppure agli Dei, erano stati per tradimento aperti al pubblico nemico. Ricusando egli d’adattarsi a tali vergognosi termini, fu immediatamente dato ordine all’Ambasciatore Imperiale di partire; l’ordine però fu revocato; ei fu richiamato indietro; e gli Unni rinnovarono gli inutili loro sforzi per vincere la paziente fermezza di Massimino. Finalmente per intercessione di Scotta fratello di Onegesio, del quale s’era comprata l’amicizia con un liberal dono, fu ammesso alla presenza Reale; ma invece d’ottenere una decisiva risposta, fu costretto ad intraprendere un lontano viaggio verso il Settentrione, affinchè Attila potesse godere la superba soddisfazione di ricevere nel medesimo campo gli Ambasciatori dell’Impero Orientale ed Occidentale. Fu regolato il suo cammino dalle guide, che l’obbli-