Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/403

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dell'impero romano cap. xxxiv. 397

parteneva alla vedova di Bleda. L’officiosa benevolenza di questi illuminò tosto quel luogo, ed accese in pochi momenti un opportuno fuoco di canne; furono generosamente soddisfatti i bisogni ed anche i desiderj dei Romani; e sembra, che fossero imbarazzati dalla singolar gentilezza della vedova di Bleda, che aggiunse agli altri di lei favori il dono, o almeno l’imprestito di un sufficiente numero di belle ed ossequiose donzelle. Il giorno seguente fu destinato al riposo, a raccogliere ed asciugare il bagaglio, ed a rinfrescar gli uomini ed i cavalli; ma la sera, prima di proseguire il loro viaggio gli Ambasciatori dimostrarono alla cortese Signora del villaggio la lor gratitudine mediante un dono molto gradito di coppe di argento, di lane rosse, di frutti secchi e di pepe d’India. Dopo quest’avventura tosto raggiunsero Attila, dal quale erano stati separati circa sei giorni; e lentamente s’avanzarono verso la Capitale d’un Impero che nello spazio di più migliaia di miglia non conteneva neppure una città.

Per quanto possiam rilevare dall’incerta ed oscura geografia di Prisco, pare che questa Capitale fosse collocata fra il Danubio, il Tibisco ed i Colli Carpazi nelle pianure dell’Ungheria superiore, e più probabilmente nelle vicinanze di Giasberin, d’Agria, o di Tokai1. Nel suo principio non poteva essere,

  1. È certo che Prisco passò il Danubio ed il Teiss, e che non arrivò al piè dei monti Carpazi. Agria, Tokai e Giasberin sono situate nei piani circonscritti da questi limiti. Il Buat (Hist. des Peuples ec. Tom. VII, pag. 461) ha scelto Tokai; Otrokosci, erudito Unghero (p. 180 ap. Mascou IX, 23), ha preferito Giasberin, luogo circa trenta sei miglia all’occidente di Buda e del Danubio.