Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/483

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dell'impero romano cap. xxxvi. 477

cevè il diploma Imperiale, che lo dichiarava Generale della cavalleria e dell’infanteria della Gallia. Preso ch’egli ebbe il comando militare, i Barbari sospesero il lor furore; e di qualsivoglia sorta fossero i mezzi ch’ei potè impiegare, o le concessioni che potè esser costretto a fare, il Popolo godè il vantaggio dell’attuale tranquillità. Ma il destino della Gallia dipendeva da’ Visigoti; ed il Generale Romano, meno sollecito della sua dignità che del pubblico bene, non isdegnò d’andare a Tolosa col carattere d’Ambasciatore. Esso fu ricevuto con cortese ospitalità da Teodorico Re dei Goti; ma mentre Avito gettava i fondamenti d’una stabile alleanza con quella potente nazione, fu sorpreso dalla notizia, che l’Imperator Massimo era stato ucciso, e Roma saccheggiata da’ Vandali. Un trono vacante, ch’egli poteva occupare senza delitto o pericolo, tentò la sua ambizione1; ed i Visigoti facilmente s’indussero a sostenere la sua pretensione col loro irresistibile voto. Essi amavano la persona d’Avito, rispettavano le sue virtù, e non erano insensibili al van-

    beni de’ quali erano nelle vicinanze di Nimes. Le ore della mattina si occupavano nel (Sphaeristerium) giuoco della palla, o nella libreria, che era piena di Autori Latini, sacri e profani: e questi per gli uomini, quelli per le donne. Due volte s’imbandiva la tavola, a desinare ed a cena, con cibi cotti (lesso ed arrosto), e con vino. Nel rimanente del tempo la compagnia dormiva, andava a spasso a cavallo, ed usava i bagni caldi.

  1. Settanta versi del panegirico (505, 575), impiegati a scrivere l’importunità di Teodorico e della Gallia, che cercavan di vincere la modesta ripugnanza d’Avito, vengono cancellati da tre parole d’un onesto Istorico: Romanum ambisset Imperium: Gregor. Turon. l. II. c. II. in Tom. II. p. 168.