Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/513

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dell'impero romano cap. xxxvi. 507

dine una formidabile flotta nel porto di Cartagine, e Genserico medesimo, quantunque in età molto avanzata, comandava sempre in persona le spedizioni più importanti. I suoi disegni eran celati sotto un impenetrabil segreto sino al momento, ch’ei si metteva alla vela. Quando il suo piloto gli domandava, qual via doveva prendere, con pia arroganza rispondeva il Barbaro; „Lasciane la determinazione ai venti; essi ci trasporteranno a quella rea costa, i cui abitatori hanno provocato la divina giustizia„ ma se Genserico degnavasi di dare ordini più precisi, stimava sempre, che i più ricchi fossero i più colpevoli. I Vandali visitaron più volte le coste della Spagna, della Liguria, della Toscana, della Campania, della Lucania, dell’Abruzzo, della Puglia, della Calabria, della Venezia, della Dalmazia, dell’Epiro, della Grecia e della Sicilia: furono tentati di soggiogare l’isola di Sardegna, così vantaggiosamente situata nel centro del Mediterraneo; e le loro armi sparsero la desolazione o il terrore dalle colonne d’Ercole fino alle bocche del Nilo. Siccome erano più ambiziosi di preda, che di gloria, rare volte attaccavano alcuna piazza fortificata, o s’impegnavano con truppe regolari in aperta campagna. Ma la celerità de’ loro movimenti li rendeva capaci di minacciare e d’attaccare quasi nel medesimo tempo gli oggetti più distanti, che attiravano i lor desiderj; e poichè sempre imbarcavano un sufficiente numero di cavalli, appena avevan preso terra, scorrevano lo sbigottito paese con un corpo di cavalleria leggiera. Nonostante però l’esempio del loro Re, i nativi Alani e Vandali declinarono insensibilmente da questa laboriosa e pericolosa maniera di far la guerra; la robusta generazione de’ primi conquista-