Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/182

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176 storia della decadenza

ciose domande di carità e di devozione, e la paga de’ soldati si dissipò nelle inutili truppe di ambedue i sessi, che non potevan vantare che i meriti dell’astinenza e della castità. La fede, lo zelo, la curiosità e le passioni più mondane della malizia e dell’ambizione accesero la fiamma della discordia teologica; la Chiesa e lo Stato furon divisi dalle religiose fazioni, i combattimenti delle quali talvolta fur sanguinosi e sempre implacabili; l’attenzione degl’Imperatori dal campo trasportavasi a’ Sinodi; il Mondo romano era oppresso da una nuova specie di tirannide; e le Sette perseguitate divennero segrete nemiche della lor patria. Pure lo spirito di partito, per quanto sia pernicioso o assurdo, è un principio d’unione, ugualmente che di dissensione. I Vescovi da milleottocento pulpiti inculcavano il dovere d’una passiva ubbidienza al legittimo ed ortodosso Sovrano; le frequenti adunanze e la continua corrispondenza loro manteneva la comunicazione delle Chiese più distanti; e l’indole benefica del Vangelo venne fortificata, benchè ristretta, dalla spiritual confederazione de’ Cattolici. Devotamente abbracciossi la sacra indolenza de’ Monaci da un secol effemminato e servile; ma se la superstizione non avesse somministrato una decente ritirata, gli stessi vizi avrebbero indotto gl’indegni Romani ad abbandonare per motivi più bassi le bandiere della Repubblica. Facilmente i devoti obbediscono a’ precetti religiosi, che secondano e santificano le naturali loro inclinazioni; ma può vedersi la pura e genuina influenza del Cristianesimo ne’ suoi benefici, quantunque incompleti, effetti su’ Barbari proseliti del Settentrione. Se la conversione di Costantino accelerò la decadenza dell’Impero Romano; la vittoriosa di lui