Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/213

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dell'impero romano cap. xxxix. 207

i Walamiri, come solevan chiamarsi, inseguirono e strinsero i ribelli Asiatici in modo, che procurarono alle truppe Imperiali un’agevol vittoria1. Ma questo fedel servo ad un tratto si mutò in un formidabil nemico, ch’estese le fiamme della guerra da Costantinopoli fino all’Adriatico: furono ridotte in cenere molte floride Città e fu quasi distrutta l’agricoltura della Tracia dalla barbara crudeltà de’ Goti, che tagliavano a’ contadini lor prigionieri la mano destra, con cui guidavan l’aratro2. In tali occasioni toccò a Teodorico l’alto e patente rimprovero d’infedeltà, d’ingratitudine e d’insaziabile avarizia, che non si potrebbe scusare, se non dalla dura necessità della sua situazione. Regnava egli non come Monarca, ma come Ministro di un feroce Popolo, di cui lo spirito non era domato dalla schiavitù, e che non soffriva insulti nè reali, nè immaginari. N’era incurabile povertà, la mentre venivano tosto dissipati i donativi più generosi in un eccessivo lusso, e divenivano sterili i più fertili Stati nelle lor mani; gli Ostrogoti disprezzavano, sebbene invidiassero, i laboriosi Provinciali; e quando

  1. In ipsis congressionis tuae foribus cessit invasor, cum profugo per te sceptra redderentur de salute dubitanti. Ennodio poi giunge fino (p. 1596, 1597 Tom. 1 Sirmond.) a trasportare il suo Eroe (forse sopra un dragon volante?) nell’Etiopia, oltre il tropico di cancro. Quel che dicono il Frammento Valesiano (pag. 717), Liberato (Brev. Eutych. c. 25 p. 118), e Teofane (p. 112), è più sobrio e ragionevole.
  2. Viene specialmente imputato questo crudele uso ai Goti Triarj, meno(forse più) barbari, per quanto sembra, de’ Walamiri; ma si accusa il figlio di Teodemiro della rovina di molte Città Romane (Malco, Excerpt. Legat. p. 95).