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208 storia della decadenza

mancava loro la sussistenza, ricorrevano ai soliti espedienti della guerra, e della rapina. Il desiderio di Teodorico (secondo almeno la sua protesta) sarebbe stato quello di menare una vita pacifica, oscura, e sommessa ne’ confini della Scizia; ma la Corte di Bizanzio l’indusse con splendide e fallaci promesse ad attaccare una tribù confederata di Goti, che s’erano impegnati nel partito di Basilisco. Marciò dunque dai suoi quartieri nella Mesia, essendo stato solennemente assicurato, che prima di giungere ad Adrianopoli avrebbe incontrato un abbondante convoio di provvisioni, ed un rinforzo di ottomila cavalli, e di trentamila fanti, mentre le Legioni dell’Asia erano accampate ad Eraclea per secondare le sue operazioni. Furono però sconcertate queste misure dalla reciproca gelosia. All’avanzarsi che fece il figlio di Teodemiro nella Tracia, trovò un’inospita solitudine, ed i Goti, suoi seguaci, con un grave bagaglio di cavalli, di muli, e di carri vennero, per inganno delle loro guide, condotti fra le rupi ed i precipizi del Monte Sondis, dove fu egli assalito dalle armi e dalle invettive di Teodorico, figlio di Triario. Da una vicina eminenza il suo artificioso rivale arringava il campo de’ Walamiri, ed infamava il lor Capitano con gli obbrobriosi nomi di fanciullo, di pazzo, di traditore spergiuro, e di nemico del proprio sangue, e della sua nazione. „Non sapete voi (gridava il figlio di Triario) che la costante politica de’ Romani è quella di distruggere i Goti con le lor proprie spade? Non vedete, che quegli di noi, che in questo non natural combattimento resterà vincitore, sarà esposto, e giustamente invero, all’implacabile loro vendetta? Dove son que’ guerrieri, miei e tuoi propri congiunti, le vedove de’ quali ora