Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/215

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dell'impero romano cap. xxxix. 209

si lagnano, che sacrificarono le loro vite alla tua temeraria ambizione? Dov’è la ricchezza, che avevano i tuoi soldati, quando, partendo dalle native lor case, principiarono ad arruolarsi sotto le tue bandiere? Ciascheduno di essi aveva in quel tempo tre o quattro cavalli; ora ti seguitano a piedi come schiavi pei deserti della Tracia quegli, che tentati furono dalla speranza di misurar l’oro a staio, quei bravi uomini, che son liberi e nobili come tu stesso„. Un linguaggio così adattato all’indole de Goti, eccitò il clamore ed il malcontento; ed il figlio di Teodemiro, temendo di restar solo, fu costretto ad abbracciare i suoi fratelli, e ad imitare l’esempio della perfidia romana1.

[A. 489] La prudenza e fermezza di Teodorico si fece ugualmente conoscere in qualunque stato di fortuna ei si trovasse: o minacciasse Costantinopoli alla testa de’ Goti fra loro confederati, o con un fedel drappello si ritirasse alle montagne e coste marittime dell’Epiro. Finalmente l’accidental morte del figlio di Triario2

  1. Giornandes (cap. 56, 57 p. 696) espone i servigi di Teodorico, ne confessa le ricompense, ma dissimula la sua ribellione, di cui ci sono stati conservati questi curiosi ragguagli da Malco (Excerpt. Legat. p. 78, 97). Marcellino, famigliare di Giustiniano, sotto il quarto Consolato del quale (an. 534) compose la sua Cronica (Scaligero Thesaur. tempor. P. II p. 34, 57) scuopre il suo pregiudizio, e la sua passione; in Graeciam debacchantem.... Zenonis munificentia pene pacatus..... beneficiis numquam satiatus, etc.
  2. Nel tempo ch’ei cavalcava nel suo campo, un cavallo indomito lo trasse contro la punta d’una lancia, che stava fissa d’avanti a una tenda o sopra un carro (Marcellin. in Chron.; Evagr. l. III c. 25).