Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/219

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dell'impero romano cap. xxxix. 213

fra loro indipendenti sdegnavano i doveri della subordinazione e gl’indugi della prudenza. Appena Teodorico ebbe concesso un breve riposo e rinfresco alla stanca sua cavalleria, arditamente attaccò le fortificazioni del nemico; e gli Ostrogoti mostrarono maggiore ardore per acquistare le terre d’Italia, che i Mercenari per difenderle; ed il premio della prima vittoria fu il possesso della Provincia Veneta fino alle mura di Verona. Nelle vicinanze di quella città, sulle scoscese rive dell’Adige, gli si oppose un’altra armata di maggior numero, ed in coraggio non inferiore della prima; la battaglia fu più ostinata, ma l’evento ne fu sempre più decisivo; Odoacre fuggì a Ravenna, Teodorico avanzossi verso Milano, e le soggiogate truppe salutarono il loro conquistatore con alte acclamazioni di rispetto e di fedeltà. Ma la lor mancanza o di costanza o di fede tosto l’espose al più imminente pericolo; vari Conti Goti, che con la sua vanguardia s’erano temerariamente affidati ad un disertore furon traditi e distrutti vicino a Faenza mediante un doppio di lui tradimento; Odoacre di nuovo comparve come padrone della Campagna; e l’invasore, fortemente trincerato nel suo campo di Pavia, fu ridotto a sollecitare il soccorso d’una congiunta Nazione cioè de’ Visigoti della Gallia. Nel corso di quest’Istoria potrà saziarsi abbondantemente il più vorace appetito di guerra, nè posso io molto dolermi, che gli oscuri ed imperfetti nostri materiali non mi somministrino una più estesa narrazione delle angustie d’Italia, e del fiero combattimento, che restò finalmente deciso dall’abilità,

    e che i mercenari d’Italia erano i frammenti di molte nazioni e tribù.