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232 storia della decadenza

camente confessò, che ogni giorno mirava con nuova maraviglia il Foro di Traiano e l’alta di lui colonna. Il teatro di Pompeo anche nella sua decadenza compariva quale una gran montagna artificialmente incavata, pulita ed ornata dall’industria umana; ed all’ingrosso calcolò, che vi volle un fiume d’oro per innalzare il colossale anfiteatro di Tito1. Per mezzo di quattordici acquedotti si spargevano acque pure e copiose in ogni parte della città, e fra queste l’acqua Claudia, che aveva la sorgente alla distanza di trentotto miglia nelle montagne Sabine, passava per un dolce, quantunque costante, declivio di solidi archi fino alla sommità del monte Aventino. Le lunghe e spaziose volte, costruite per servire alle Cloache pubbliche, sussistevano dopo dodici secoli nel pristino loro stato; e que’ sotterranei canali si son preferiti a tutte le visibili maraviglie di Roma2. I Re Goti, accusati con tanta ingiustizia della rovina delle antichità, furon solleciti di conservare i monumenti della nazione che

  1. Cassiodoro descrive col pomposo suo stile il Foro di Traiano (Var. VII 6), il Teatro il Marcello (IV 51) e l’Anfiteatro di Tito (V 42), e le sue descrizioni non sono indegne dell’attenzion del Lettore. L’Ab. Barthelemy computa, che, secondo i prezzi moderni, l’opera in mattoni e la struttura del Colosseo costerebbe ora venti milioni di lire di Francia (Mem. de l’Academie des inscript. Tom. 28 p. 585, 586). Che piccola parte di quella stupenda fabbrica!
  2. Intorno agli Acquedotti, ed alle Cloache vedi Strabone (l. V p. 360), Plinio (Hist. Nat. XXXVI 24), Cassiodoro (Var. III 30, 31 VI 6), Procopio (Got. l. I c. 9), e Nardini (Roma antica p. 514, 522). È tuttora un problema, come tali opere si potessero eseguire da un Re di Roma.