Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/27

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dell'impero romano cap. xxxvii. 21

capricciosi abiti de’ Monaci1: ma talvolta l’apparente loro singolarità nasce anche dall’uniforme attaccamento, che hanno ad una semplice o primitiva maniera di vestire, che le rivoluzioni della moda hanno poi resa ridicola agli occhi degli uomini. Il Padre de’ Benedettini espressamente disapprova qualunque idea di particolarità, o distinzione, e sobriamente esorta i suoi discepoli ad abbracciare l’abito comune e proprio de’ luoghi dove si trovano2. Le vesti monastiche degli antichi variavano col clima, e con la loro maniera di vivere; e prendevano coll’istessa indifferenza la pelle di pecora de’ contadini Egizi, o il pallio de’ Filosofi greci. Facevan uso del lino in Egitto, dove si lavorava comunemente, ed a poco prezzo: ma in Occidente rigettavano questo capo dispendioso di lusso forestiero3. I Monaci avevano il costume di tagliarsi, o di radersi i capelli, nascondevano il capo in un cappuccio, per evitare la vista degli oggetti profani; andavano con le gambe e co’ piedi nudi, eccettuato il tempo dell’estremo freddo dell’inverno; ed i loro lenti e deboli passi erano sostenuti da un lungo bastone. L’aspetto d’un vero anacoreta era orrido e disgustoso: ogni sensazione dispiacevole all’uomo, si credeva gradita a Dio; e l’angelica re-

  1. Cassiano ha descritto semplicemente, quantunque con diffusione, l’abito monastico dell’Egitto (Istit. l. I) a cui Sozomeno (l. III, c. 14) attribuisce qualche allegorico senso, e virtù.
  2. Regul. Bened. n. 55, in Cod. Regularum Part. 2. p. 51.
  3. Vedi la regola di Ferreolo Vescovo d’Uzés (m. 31. in Cod. Regul. p. 2. p. 136), e d’Isidoro, Vescovo di Siviglia (n. 33. in Cod. Regul. p. 2. p. 214).