Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/294

Da Wikisource.
288 storia della decadenza

niano alla sua prudenza, egli risguardò i due fratelli come spie, e forse come assassini, e bruscamente comandò loro di partir dal Palazzo. Dopo una inutile rappresentanza, che l’ubbidire avrebbe potuto cagionare un involontario tradimento, si ritirarono alle loro case, e la mattina del sesto giorno Ipazio fu circondato e preso dal Popolo, che senza riguardo alla virtuosa di lui resistenza, ed alle lacrime della sua moglie, lo trasportò al Foro di Costantino, ed invece di diadema gli pose un ricco collare sul capo. Se l’usurpatore, che di poi allegò a suo favore il merito della sua resistenza, avesse seguitato il consiglio del Senato, ed eccitato il furor della moltitudine, il primo irresistibile sforzo di essa avrebbe oppresso o scacciato il suo tremante competitore. Il Palazzo di Costantinopoli aveva una libera comunicazione col mare; stavan pronti i vascelli agli scali de’ giardini; e si era già presa la segreta risoluzione di condurre l’Imperatore con la sua famiglia e tesori in un luogo sicuro a qualche distanza dalla Capitale. Giustiniano era perduto, se quella prostituta, che egli aveva tolto dal Teatro, non avesse rinunziato alla timidità, non meno che alle virtù del suo sesso. In mezzo ad un consiglio, dove trovavasi Belisario, la sola Teodora dimostrò il coraggio di un Eroe; ed ella sola senza paventare la futura sua odiosità, potè salvare l’Imperatore dall’imminente pericolo, e dagl’indegni di lui timori. „Quand’anche la fuga, disse la moglie di Giustiniano, fosse l’unico mezzo di salvarsi, pure io sdegnerei di fuggire. La morte è la condizione apposta alla nostra nascita; ma chi ha regnato non dovrebbe mai sopravvivere alla perdita della dignità, e del dominio. Io prego il Cielo,