Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/339

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dell'impero romano cap. xl. 333

Sciti; ed il loro Sovrano potè dal suo Palazzo vedere le fiamme ostili, che insolentemente s’estesero fino alle porte della Città Imperiale. Anastasio fu costretto a stabilire un’ultima frontiera alla distanza di sole quaranta miglia da Costantinopoli; il lungo suo muro di sessanta miglia, dalla Propontide all’Eussino, manifestò l’impotenza delle sue armi; e siccome il pericolo divenne anche più imminente, dall’instancabil prudenza di Giustiniano, vi s’aggiunsero nuove fortificazioni1. L’Asia minore, dopo che si furon sottomessi gl’Isauri2, restò senza nemici e senza fortificazioni. Questi audaci selvaggi, che avevano sdegnato di esser sudditi di Gallieno, continuarono per dugento trenta anni in una vita indipendente e rapace. I più intraprendenti Principi rispettarono la fortezza di quelle montagne, e la disperazione dei loro abitanti; il feroce loro animo veniva ora mitigato co’ doni, ora tenuto in freno col terrore, ed un Conte militare con tre legioni fissò la sua permanente ed ignominiosa stazione nel cuore delle Province romane3. Ma appena si

  1. Della lunga muraglia vedasi Evagrio (L. IV c. 38). Tutto quest’articolo è tratto dal quarto libro degli Edifizi, eccettuato Anchialo (L. III c. 7).
  2. Vedi sopra Vol. I. Nel corso di quest’Istoria ho qualche volta rammentato, e molto più spesso trascurato le precipitose incursioni degl’Isauri, che non ebbero alcuna conseguenza.
  3. Trebellio Pollione (in Hist. Aug. p. 107) che visse al tempo di Diocleziano o di Costantino. Vedi anche Pancirolo ad Notit. Imper. Orient. c. 115, 141; Cod. Theodos. Lib. IX Tit. 35 Leg. 37; con una copiosa e ben corredata annotazione del Gotofredo (Tom. III p. 250, 257).