Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/354

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348 storia della decadenza

ne, che fu comunicata senza invidia alle Città sue rivali. Duemila scolari udirono le lezioni di Teofrasto1; le scuole di Rettorica dovevano essere anche più numerose di quelle di Filosofia; ed una rapida successione di studenti sparse la fama dei loro Maestri fino agli ultimi confini dell’idioma e del nome Greco. Questi confini furono estesi dalle vittorie di Alessandro; le arti d’Atene sopravvissero alla libertà, e al dominio di essa; e le Colonie Greche, da’ Macedoni piantate nell’Egitto, e sparse per l’Asia, intrapresero de’ lunghi e frequenti pellegrinaggi per venerare le Muse del favorito lor tempio sulle rive dell’Elisso. I conquistatori Latini rispettosamente ascoltavano le istruzioni de’ loro sudditi e prigionieri; furono registrati nelle scuole d’Atene i nomi di Cicerone e d’Orazio; e dopo il perfetto stabilimento del Romano Impero, gl’Italiani, gli Affricani e i Britanni conversarono ne’ boschetti dell’Accademia coi loro condiscepoli Orientali. Gli studj della Filosofia e dell’Eloquenza s’accordano col genio d’uno Stato popolare, che incoraggisce la libertà delle ricerche, e non si sottomette che alla forza della persuasione. Nelle Repubbliche di Grecia e di Roma l’arte di parlare era la potente macchina del patriottismo o della ambizione, e le scuole di Rettorica somministrarono una colonia di Politici e di Legislatori. Quando fu soppressa la libertà delle pubbliche discussioni, l’Oratore potè nell’onorevole impiego d’Avvocato difendere la causa dell’innocenza e della giustizia; potè abusare de’ suoi talenti nella più lucrosa negoziazione

  1. Diogen. Laert. De vit. Philosopher. L. V segm. 37 p. 389.