Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VII.djvu/37

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dell'impero romano cap. xxxvii. 31

penitenti, che avevan perduto l’uso della ragione1.Prima che giungessero a quest’ultimo, e indubitato termine di frenesia, le loro visioni hanno somministrato ampi materiali d’istoria soprannaturale. Erano pienamente persuasi, che l’aria da essi respirata, fosse popolata da nemici invisibili, da innumerabili demonj, che spiavano qualunque occasione, e prendevano qualunque forma per atterrire, e sopra tutto tentare, la loro virtù non guardata. L’immaginazione, ed anche i sensi erano ingannati dalle illusioni dello sregolato fanatismo; e l’eremita, la cui notturna orazione veniva interrotta da un involontario assopimento, poteva facilmente confondere i fantasmi d’orrore o di diletto, che avevano occupato i suoi pensieri nell’atto di dormire, con quelli della vigilia2.

I Monaci furon divisi in due classi, in Cenobiti, che vivevano sotto una comune e regolar disciplina, ed in Anacoreti, che seguitavano l’insociabile, e indipendente lor fanatismo3. I più devoti, o i più am-

  1. Fleury Hist. Eccl. Tom. VII. pag. 46. Ho letto in qualche luogo delle Vite de’ Padri, ma non ho potuto ritrovarlo, che vari, e credo molti de’ Monaci, che non manifestavano all’Abbate le loro tentazioni, divenivano rei di suicidio.
  2. Vedi le Collazioni 7 ed 8 di Cassiano, ch’esamina gravemente, perchè i demonj eran divenuti meno attivi e numerosi dopo il tempo di S. Antonio. Il copioso indice di Rosweyde alle Vite de’ Padri somministra una gran varietà di scene infernali. I diavoli erano più formidabili in forma di donne, che in qualunque altra.
  3. Quanto alla distinzione de’ Cenobiti, e degli Eremiti, specialmente in Egitto, vedi Girolamo (Tom. 1. p. 45. ad Rustic.), il primo dialogo di Sulpicio Severo, Ruffino (c. 22. in Vit. Patr. l. 11. p. 478), Palladio (c. 7, 69. in vit. Patr.