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ricevere l’adorazione de’ suoi sudditi; e la benedizione del Patriarca che impose il diadema sul capo di un Principe ortodosso santificò la loro elezione. [A. D. 565] Già pieno era l’Ippodromo d’innumerevol gente, e non sì tosto l’Imperatore si mostrò sul suo trono, che le voci della fazione azzurra e della verde si confusero per applaudirlo egualmente. Ne’ discorsi che Giustino fece al Senato ed al Popolo, egli promise di corregger gli abusi che avean disonorato la vecchiaia del suo predecessore, professò le massime di un governo giusto e benefico, e dichiarò che alle vicine calende di Gennaio1, egli farebbe rivivere nella sua persona il nome e la liberalità di un Console romano. [A. D. 566] L’immediato soddisfacimento dei debiti del suo zio esibì un solido pegno della sua fede e del suo generoso procedere: una schiera di portatori, carichi di sacchetti d’oro, si avanzò nel mezzo dell’Ippodromo, ed i creditori di Giustiniano, caduti d’ogni speranza, accettarono come spontaneo dono, questo pagamento richiesto dall’equità. Prima che passassero tre anni, l’esempio di Giustino fu imitato e superato dall’imperatrice Sofia, che liberò molti indigenti dai debiti e dall’usura: atto di benevolenza che sopra ogni altro merita la gratitudine, come quello che solleva l’individuo dal più intollerabile de’ mali, ma nell’esercizio del quale la bontà di un Principe va soggettissima ad esser tratta nell’in-

  1. Fa meraviglia che Pagi (Critica in Annal. Baron. t. II p. 639) sulla fede di qualche cronaca siasi tratto a contraddire il chiaro e decisivo testo di Corippo (Vicina dona l. II, 354; Vicina dies, l. IV), ed a posporre il consolato di Giustino, sino all’A. D. 567.