Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VIII.djvu/325

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dell'impero romano cap. xlv. 321

dargli un fedele ragguaglio de’ vezzi della sua sposa. Fu chiamata Teodolinda a sostenere quest’importante esame, e dopo un momento di silenziosa estasi, egli la salutò Regina d’Italia, ed umilmente richiese che, secondo il costume della nazione, essa presentasse una coppa di vino al primo de’ nuovi suoi sudditi. Per comando del padre, ella obbedì. Autari ricevè la coppa, come venne il suo giro, e nell’atto di restituirla alla principessa, furtivamente le toccò la mano, e si pose il dito sul labbro. Alla sera Teodolinda raccontò alla sua nudrice l’indiscreta famigliarità dello straniero, e l’antica donna la confortò colla sicurezza, che un tale ardire non potea provenire che dal Re suo consorte, il quale per la sua bellezza ed il suo coraggio, meritevole appariva dell’amore di lei. Gli Ambasciatori ebber comiato; ma appena giunti furono sul confina d’Italia, Autari, sollevandosi sul suo cavallo, scagliò la scure di guerra contro di un albero, con incomparabil forza e destrezza: „Tali, egli disse agli stupefatti Bavari, tali sono i colpi che vibra il Re dei Lombardi„. All’avvicinarsi di un esercito francese, Garibaldo e la sua figlia cercarono un asilo ne’ dominj del loro alleato: e nel palazzo di Verona si consumò il matrimonio. In capo ad un anno esso fu disciolto per la morte di Autari: ma le virtù di Teodolinda1 l’avevano fatta amare dalla nazione in modo che le fu concesso di donare, insieme colla sua mano, lo scettro del Regno d’Italia.

  1. Giannone (Storia civile di Napoli, t. I p. 263) biasima con ragione l’impertinenza del Boccaccio (Giorn. III, Nov. 2), il quale senza motivo, o pretesto, e contro ogni verità, presenta la Regina Teodolinda nelle braccia d’un mulattiere.