Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/250

Da Wikisource.
244 storia della decadenza

raceni la vinsero. Non rimaneva più nella Piazza che un piccolo drappello di Greci abbattuti e avviliti, che salparono alla volta di Costantinopoli, e la bandiera di Maometto sventolò sulle mura della capitale dell’Egitto. „Ho presa la gran città dell’occidente, scriveva Amrou al Califfo, e non è possibile far l’enumerazione delle ricchezze e delle rarità che contiene. Mi ristringerò ad osservare che vanta quattromila palagi, quattromila bagni, quattrocento teatri, o luoghi da spettacoli, dodicimila botteghe di commestibili, e quarantamila Ebrei tributari. La città è stata vinta dalla forza dell’armi, senza trattato o capitolazione, e sono ansiosi i Musulmani di godere i frutti della lor vittoria1.„ Il Califfo ributtò con fermezza ogni pensier di saccheggio, e ordinò al suo Luogo-tenente che riserbate fossero le ricchezze e le rendite di Alessandria al servigio pubblico, e alla propagazion della fede; furono numerati gli abitanti, e assoggettati a un tributo; fu domato il fanatismo, e il mal talento dei Giacobiti; ed avendo i Melchiti piegato il collo al giogo degli Arabi, ottennero la grazia di esercitare occultamente sì, ma tranquillamente il proprio culto. Giunse la nuova di questo vergognoso e funesto avvenimento ad accrescere i mali dell’imperatore, la salute del quale andava ogni dì declinando: egli si morì d’idropisia sette settimane circa dopo la perdita di

    sion dell’Egitto sulla fine dell’anno 638; ma si sa per cosa certa che entrò in quel paese il dodici di bayni (sei giugno). (Murtadi, Merveilles de L’Egypte, p. 164; Severo, apud Renaudot p. 162). Il general Saraceno, e poi Luigi IX re di Francia si fermarono a Pelusio, o Damiata, durante l’inondazion del Nilo.

  1. Eutichio, Annal., t. II, p. 316-319.