Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/251

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dell'impero romano cap. li. 245

Alessandria1. Sotto la minorità di suo nipote, i clamori d’un popolo privato dei grani, che gli erano stati sin allora dispensati giornalmente, decisero il Consiglio di Bisanzio a fare un tentativo per ricuperare la capitale dell’Egitto. Una squadra e un esercito romano due volte, in quattro anni, occuparono il porto e le fortificazioni d’Alessandria. Due volte ne furono discacciati dal valore d’Amrou, che dalle minacce di interne sedizioni nella provincia di Tripoli e della Nubia, ove avea portata la guerra, fu indotto a rivolgersi colà. Ma vedendo quanto quest’impresa fosse facile, Amrou, dopo il secondo assalto ove aveva durato fatica a respingere i Greci, giurò che se fosse una terza volta obbligato di gettare gli infedeli in mare, farebbe sì che Alessandria fosse da ogni parte accessibile al pari della casa d’una prostituta. Tenne parola di fatto, perchè smantellò in molti luoghi le mura e le torri: ma castigando la città risparmiò il popolo, ed eresse la moschea della Clemenza nel sito dove, nella sua vittoria, aveva raffrenato il furore de’ suoi soldati. Deluderei l’aspettazione del lettore, se qui non favellassi del caso che distrusse la biblioteca d’Alessandria, riferitoci dal dotto Abulfaragio. Era dotato Amrou d’un ingegno più avido di sapere, e di idee più liberali che non il resto de’ suoi concittadini, e

  1. Non ostante qualche contraddizione fra Teofane e Cedreno, l’esatto Pagi (Critica, t. II, pag. 824) ha ricavata da Niceforo e dalla cronaca orientale la vera data della morte d’Eraclio. Finì egli i suoi giorni l’11 febbraio, A. D. 641, 60 giorni dopo perduta Alessandria. Una lettera in dodici giorni arrivava da Alessandria a Costantinopoli.