Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/405

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dell'impero romano cap. lii. 399

fra gli orientali è simbolo d’ospitalità, e quindi il pio ladro subitamente si ritirò senza prender nulla e senza far guasto. Scopertasi questa azione, tanto onorevole per Giacobbe, ne meritò egli il perdono e la fiducia del principe. Fu comandante da principio dell’esercito del suo benefattore, e combattè poscia per sè; soggiogò la Persia, e minacciò la sede degli Abbassidi. Marciava verso Bagdad quando fu arrestato dalla febbre. L’ambasciator del Califfo chiese udienza: Giacobbe lo chiamò al capezzale del letto; aveva vicino sopra una tavola una scimitarra nuda, una crosta di pane nero, ed un mazzo d’agli. „Se muoio, diss’egli, il vostro padrone non avrà più timore; se vivo, questo ferro deciderà la nostra lite; se son vinto, ripiglierò senza pena la vita frugale della mia gioventù„. Dall’altezza a cui s’era elevato non potea la caduta essere sì tranquilla; la sua morte, venuta a tempo, assicurò col suo riposo quello pur del Califfo, che con immense concessioni ottenne che suo fratello Amrou tornasse nei palagi di Shiraz e d’Ispahan. [A. D. 774-999] Eran troppo deboli gli Abbassidi per combattere, e troppo orgogliosi per perdonare; chiamarono in aiuto la potente dinastia de’ Samanidi, i quali passarono l’Oxo con diecimila cavalieri tanto poveri che avean le staffe di legno, e tanto prodi che sconfissero l’esercito dei Suffaridi, otto volte più numeroso del loro. Amrou, fatto prigioniero, fu mandato in catene alla Corte di Bagdad, donativo aggradevole; ed essendosi contentato il vincitore alla possessione ereditaria della Transoxiana e del Corasan, tornarono per qualche tempo i regni di Persia al dominio dei Califfi. Due volte le province della Sorìa e dell’Egitto furono smembrate per