Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/441

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dell'impero romano cap. liii. 435

vole per la vastità e la bellezza; avea tre cupole; la cima di bronzo dorato posava su colonne di marmi italiani, e i muri erano pure incrostati di marmi di più colori: quindici colonne di marmo frigio sorreggevano, davanti alla chiesa, un portico semicircolare, che avea la forma e la denominazione del Sigma greco, e pari era la costruzione delle volte sotterranee. Una fontana decorava la piazza dinnanzi al portico, e gli orli del bacino erano di lamina d’argento. Al cominciar d’ogni stagione, si empieva la vasca delle frutta più deliziose, che, per divertire il principe, si lasciavano pigliare alla plebe; ed egli godeva di questo tumultuoso spettacolo dall’alto di un trono sfolgorante d’oro e di gemme, collocato sopra una gradinata di marmo alta quanto un alto terrazzo. Stavano seduti sotto il trono gli officiali delle guardie, i magistrati, e i Capi delle fazioni del circo; occupava il popolo i gradini più bassi, e nel davanti era piena la piazza di truppe di ballerini, di cantanti, di pantomimi. Il palazzo della giustizia, l’arsenale e gli uffici contornavano la piazza, e di più v’era la camera di porpora, così denominata per la distribuzione de’ manti di scarlatto e di porpora, che colà ogni anno faceasi dalla mano stessa dell’imperatrice. La lunga fila degli appartamenti del palazzo era adatta alle varie stagioni: v’erano a profusione il marmo, il porfido, quadri, statue, mosaici, oro, argento, pietre preziose. A sì bizzarra magnificenza pose Teofilo in opera l’abilità degli artisti del suo tempo; ma il buon gusto d’Atene avrebbe spregiato que’ frivoli e dispendiosi lavori, tra i quali si vedeva un albero d’oro, ne’ rami e nelle foglie del quale si celava una moltitudine di