Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/465

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dell'impero romano cap. liii. 459

posti ognuno di venticinque banchi; un banco portava due remiganti che vogavano dall’uno e dall’altro fianco del navile. Nell’atto del combattere, il capitano o centurione stava sulla poppa con quello che portava la sua armatura; due piloti attendevano al timone e due ufficiali stavano alla prora, l’uno per appostare, l’altro per movere contra il nemico le macchine che scagliavano il fuoco greco. La ciurma, come era l’uso nella infanzia dell’arte, adempieva ad un tempo gli uffici di marinari e di soldati; erano muniti d’armi offensive e difensive, d’archi e di freccie, di cui si valevano dall’alto del ponte, e di lunghe picche che uscivano fuori dalle aperture dell’ordine inferiore de’ remi. È bensì vero che si facean talvolta più grandi e più solide le navi da guerra; allora le fazioni di combattere e di manovrare, si dividevano più regolarmente fra settanta soldati e dugento trenta marinari; ma generalmente erano di una forma leggiera, e facili ai movimenti. Poichè il Capo Maleo, sulla costa del Peloponneso, avea sempre una fama spaventosa, un numeroso navile imperiale fu trasportato per terra e per lo spazio di cinque miglia, cioè per tutta la larghezza dell’istmo di Corinto1. Le regole della tattica navale non si erano cangiate da Tucidide in poi: una squadra di galee, nel momento della zuffa, procedeva innanzi sotto la

    classica di triremi. Gli storici bisantini commettono qualche volta la medesima inesattezza.

  1. Costantino Porfirogeneta in vit. Basil., c. 61, p. 185: loda egli moderatamente questo stratagemma come βουλην συνστην και σοφην un’invenzione prudente e dotta; ma, offuscato dalla sua fantasia, presenta la navigazione intorno al Capo del Peloponneso come un tragitto di mille miglia.