Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/479

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dell'impero romano cap. liii. 473

desti abituri altro diletto che la guerra e la rapina, unica occupazione della lor vita. Affettavano di mettere in ridicolo i palazzi, i banchetti, e i costumi gentili degli Italiani, che, secondo l’opinione dei Greci medesimi, avean tralignato dall’amor di libertà e dal valore degli antichi Lombardi1.

Il famoso editto di Caracalla concedette ai suoi sudditi, cominciando dalla Brettagna sino all’Egitto, il nome e i privilegi di Romani; e da quel punto il lor sovrano, sempre in mezzo a’ suoi concittadini, potè a sua scelta determinare o eleggere momentaneamente la residenza nell’una o nell’altra delle province della patria comune. Quando seguì la divisione dell’oriente e dell’occidente, fu conservata con tutto lo scrupolo l’unità ideale dell’impero;

  1. „φθαγ οι τοιυν και Λογιβαθδοι λογον ελευθεριας περι πολλου ποιουνται, αλλ’ οι οι μεν Λογιβαθδοι το πλεον της τοιαυτης αθετης νυν απωλεσαν„. „I Franchi per altro, e i Longobardi sovente fan parola di libertà; ma i Longobardi ora hanno perduto il più di questa virtù„. (Leone, Tactiq., c. 18, p. 805). L’imperatore Leone morì, A. D. 911. Un poema istorico che finisce nel 916, e che sembra composto nel 940 da un Veneziano, così parla dei costumi d’Italia e di Francia.

    Quid inertia bello
    Pectora (Ubertus ait) duris praetenditis armis,
    O Itali? Potius vobis sacra pocula cordi;
    Saepius et stomachum nitidis laxare saginis
    Elatasque domos rutilo fulcire metallo.
    Non eadem Gallos similis vel cura remordet;
    Vicinas quibus est studium devincere terras
    Depressumque larem spoliis hinc inde coactis
    Sustentare.

    (Anonym. carmen Panegyricum de Laudibus Berengarii Augusti, l. II, in Muratori, Script. rerum italic., t. II, pars. I, p. 393).