Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/129

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dell'impero romano cap. lvi 123

e il persuase confidarsi ad essi, che ne ascoltarono le lamentazioni, e più ancora le promesse1. La prospettiva di ricchezze che offerse loro, serviva a dimostrar giusta la costui causa, ed un fertile territorio oppresso da effeminati tiranni, parve ai Normanni un retaggio dovuto unicamente al valore. Di ritorno in patria, vi eccitarono e dilatarono l’amore delle lontane spedizioni, e una banda di venturieri, poco numerosa ma intrepida, volontariamente per liberare la Puglia si collegò. Attraversate in separati drappelli le Alpi, e nascosti sotto abiti di pellegrini, trovarono nelle vicinanze di Roma Melo, che dopo avere somministrati cavalli ed armi ai più poveri, li condusse immediatamente alla pugna. Nel primo scontro il loro valore trionfò; ma nel secondo, costretti a cedere ai Greci, superiori di numero, e di macchine belliche ben provveduti, si ritirarono indispettiti, senza però voltar mai le spalle al nemico. L’infelice Melo occupò il rimanente del viver suo sollecitando soccorsi della Corte Alemanna; e i Normanni, postisi per lui in cimento, esclusi dal paese che loro era stato promesso in guiderdone, errarono pei gioghi e per le vallate d’Italia, ridotti a conqui-

  1. I Normanni erano pel loro valore conosciuti in Italia; alcuni anni prima, cinquanta de’ loro cavalieri trovatisi a Salerno nel tempo che un’armatetta di Saracini veniva ad affrontar la città, chiesero armi e cavalli a Guaimaro III, allora principe di Salerno, e chiesto si aprissero loro le porte della città, fecero impeto ne’ Saracini e li sconfissero. Guaimaro divisava conservar questi guerrieri presso di sè. Ma volendo essi ripartire, si fece promettere che sarebbero tornati con altri prodi di lor nazione per combattere gl’Infedeli (Hist. des republ. ital., t. I, p. 263.) (Nota dell’Editore).