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e alberi, e remi, si videro coperti il mare, e le rive di frantumi di navigli, d’armi e cadaveri, e la maggior parte delle munizioni le acque inghiottirono o danneggiarono. Sottrattasi con grande stento al furore dell’onde la ducale galea, Roberto si fermò sette giorni sul vicino promontorio per raccogliere gli avanzi della sua flotta, e rianimare il depresso coraggio de’ suoi soldati. I Normanni non erano più quegli audaci piloti che aveano scoperto nuove acque sull’Oceano, dalla Groelandia al monte Atlante, que’ piloti che erano stati veduti sorridere sui perigli da poco che offre l’onda mediterranea. Piansero nel durare della procella, e tremarono all’avvicinare de’ Veneziani, che mossi dalle preghiere e dalle promesse della Corte di Bisanzo venivano ad assalirli. Le pugne del primo giorno mal non tornarono a Boemondo, giovine imberbe1 che i legni del padre suo comandava, ma le galee veneziane rimasero tutta notte ferme sull’áncora, a guisa di mezza luna, ordinate. La maestria di loro fazioni, il modo vantaggioso onde collocati aveano i proprj arcieri, la forza delle lor chiaverine, il fuoco greco somministrato ad essi dall’Imperatore, li fecero nel secondo giorno padroni della vittoria. I legni pugliesi o ragusei alla costa si ripararono: molti videro tagliare le gomene, e in poter cadettero del vincitore; oltrechè, la guernigion di Durazzo, con una abile sortita, portò fin nelle tende di Roberto la strage

  1. Των δε εις τον πωγωνα αυτου εφυβρισαντων insultavanlo per la barba (che gli mancava) (Alexias, l. IV, p. 106). Ciò nondimeno i Normanni si radeano la barba; i Veneziani la lasciavano crescere: di qui avrà avuta origine la mancanza di barba attribuita, poco felicemente per dir vero, a Boemondo (Ducange, Not. ad Alex., p. 283).