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238 storia della decadenza

spettare la maestà de’ suoi pari, e le vicissitudini della fortuna. Fatto indi condurre Romano in una tenda vicina, gli ufiziali stessi del Sultano il servivano onorevolmente, e con rispetto; alla mensa del mattino e della sera il posto dovuto alla sua dignità gli assegnavano. Per otto giorni, seco intertennesi in famigliari colloqui il vincitore, astenendosi dal menomo accento, dalla menoma occhiata che l’animo di lui potesse trafiggere. Ben censurò acerbamente la condotta degl’indegni sudditi di Romano, che, nell’istante del pericolo, il valoroso lor principe aveano abbandonato, e avvertì pur con dolcezza il suo antagonista di alcuni abbagli commessi da questo nel regolare la guerra. Venutosi a ragionare sui preliminari della negoziazione, Arslan chiese all’Imperatore a qual trattamento ei s’aspettasse. Questi gli rispose con tale tranquilla indifferenza che palesò, come la libertà del suo spirito conservasse. „Se siete crudele, gli disse, mi toglierete la vita: se date retta alle suggestioni dell’orgoglio mi trascinerete dietro al vostro carro: ma se consultate i vostri veri interessi, accetterete un riscatto, e mi restituirete alla mia patria. — Però, proseguì il Sultano; come mi avreste trattato, se il destin della guerra vi fosse stato propizio„? La risposta datasi dal Principe greco, mostrò l’impulso d’un sentimento, che per vero dire, la prudenza ed anche la gratitudine dovean consigliargli a tenere celato. „Se ti avessi vinto, ei ferocemente rispose, t’avrei fatto opprimere a furia di battiture„. Per tale arroganza del prigioniero, il vincitore sorrise, pago di rimostrargli che veramente la legge dei Cristiani raccomandava l’amore, sin verso i nemici, e il perdono delle