Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/320

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314 storia della decadenza

gli, le sorelle di questi campioni entrar vollero a parte del merito e de’ rischi del santo pellegrinaggio. Tutte le preziose suppellettili in verghe d’oro e d’argento vennero convertite; i principi e baroni si condussero dietro e cani, e falchi, per non perdere lungo la strada il piacere della caccia, e per essere certi di tener provvedute le proprie mense. La difficoltà di procurar nudrimento a sì grande numero d’uomini e di cavalli, a separare le loro forze costrinsegli; l’elezione loro, o le circostanze di sito, additarono il compartimento delle strade, e rimasero d’accordo di convenir tutti nelle vicinanze di Costantinopoli, e colà incominciar tosto le fazioni belliche contra i Turchi. Dalle rive della Mosella, Goffredo di Buglione attraversò in linea retta l’Alemagna, l’Ungheria, e il paese de’ Bulgari, e sintantochè egli comandò solo, il suo esercito non fece passo, che non comprovasse la prudenza e le virtù del condottiero. Ai confini dell’Ungheria, lo arrestò per tre settimane, una popolazione di Cristiani, che il nome della Croce, o piuttosto, nè in ciò avean torto, l’abuso che di cotal nome erasi fatto, abborrivano. Recenti essendo le ingiurie che dai primi pellegrini ricevettero gli Ungaresi, questi che a lor volta oltre ogni confine spinta avevano la vendetta, temeano a ragione un eroe da sdegno di patria congiunto co’ loro offensori, e con essi ad un’impresa medesima accinto; ma dopo l’esame de’ motivi e degli avvenimenti, il virtuoso Goffredo, limitandosi a deplorare i delitti e le sciagure de’ suoi indegni compatriotti, dodici deputati, quai messaggeri di pace inviò, onde a nome di esso, domandassero libero il passaggio, e a moderato prezzo le vettovaglie. Che anzi per togliere ogni argomento d’inquietezza, o sospetto a queste genti, Goffredo