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dell'impero romano cap. lviii | 313 |
di battaglia accompagnato dal suo fedele scudiero, giovine, per lo più, eguale di nascita al proprio Capo, e che faceva a canto di lui il noviziato della milizia. I suoi arcieri ed armigeri gli venivano dopo, nè men di quattro o cinque soldati erano necessarj a formare una lancia compiuta. I patti del servigio feudale, alle spedizioni straniere, o di Terra Santa, non obbligavano. In tali guerre, l’opera de’ cavalieri e del lor seguito ottenevasi unicamente dal loro zelo e dalla loro affezione alla causa che doveasi difendere, ovvero per via di ricompense e promesse. Il numero de’ combattenti era proporzionato alla possanza, alle ricchezze, alla celebrità di ciascuno de’ Capi independenti, i quali gli uni degli altri si discerneano allo stendardo, alle imprese, al grido di guerra; onde le più antiche famiglie d’Europa, fra questi segnali, l’origine e le prove della vetusta loro nobiltà van rintracciando. Questa compendiosa descrizione della cavalleria mi ha fatto portare indugio alla storia delle Crociate che di una tale istituzione furono effetti e cagioni ad un tempo1.
[A. D. 1097] Tali furono le milizie, e tali i duci che assunsero l’impresa della Croce per correre a liberare il Santo Sepolcro. Era già partita la flotta de’ vagabondi, descritti dianzi, allorchè quelli mutuamente s’incoraggiarono, per via di lettere e parlamenti, ad adempiere i giurati voti, e ad affrettar la partenza. Le mo-
- ↑ Nelle opere del Selden (t. III, part. I. I Titoli di onore: part. II, c. 1-3, 5-8) trovansi molto estese descrizioni intorno la cavalleria, il servigio dei cavalieri, la nobiltà, il grido di guerra, gli stendardi e i tornei. V. anche il Ducange (Gloss. lat. t. IV, p. 398-412 ec.) Diss. intorno al Joinville, l. VI, al XII, pag. 127-142, 165-222), e Mémoires de M. de Sainte-Palaye sur la Chevalerie.