Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XII.djvu/191

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dell'impero romano cap. lxii. 187

tavia il Contestabile, fatto scopo per ogni dove alle dicerie della malevolenza, onde l’arcivescovo di Filadelfia, scaltrito cortigiano, lo sollecitava a sottomettersi al Giudizio di Dio, e a far palese colla prova del fuoco la sua innocenza1. Il qual partito se Paleologo avesse accettato, tre giorni prima innanzi le prove, doveasi, secondo quelle costumanze, avvolgergli il braccio in un sacchetto, fasciatura che l’imperiale suggello guarentiva indissolubile; poi gli facea mestieri portar tre volte dall’altare alla balaustrata del santuario una palla di ferro rovente; e il non riceverne danno, o dolore, comunque non si fosse premunito con verun’arte, assoluto lo rimandava. Ma con una piacevole accortezza il Contestabile da una tal prova pericolosa si liberò. „Io sono soldato, diss’egli, e pronto a combattere, brandendo l’armi, i miei accusatori, ma ad un profano, ad un peccatore mio pari, Dio non comparte il dono di far miracoli. Ben la vostra pietà, o prelato santissimo, può meritarmi questa grazia celeste. Riceverò pertanto, ma solo dalle vostre mani, la palla arroventata che debb’essere il mallevadore della mia innocenza„. L’arcivescovo rimase scompigliato, l’Imperatore sorrise; nuovi servigi meritarono a Michele assoluzione e perdono e onori novelli.

  1. Il Pachimero (l. I, c. 12) commemorando una sì barbara prova col disprezzo del quale è degna, afferma di avere vedute in sua gioventù persone che senza soffrirne alcun danno la superarono. Egli era Greco, e la credulità è retaggio dei Greci; ma può anche darsi che l’accorgimento connaturale di questa nazione avesse suggerito ai pazienti qualche rimedio, o qualche gherminella da opporre alla superstizione dei loro concittadini, o alle voglie crudeli de’ loro tiranni.