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avea di recente operati, nè potendo persuadersi che ottocento soldati avessero potuto sorprendere Costantinopoli, ebbe per sospetto il messo, e fattolo arrestare, gli promise grandi ricompense, qualora un tale annunzio si fosse verificato, altrimenti gli minacciò morte. La Corte rimase per alcune ore in queste alternative di tema e di speranza, fino al momento in cui i messi di Alessio arrivarono apportatori de’ trofei della vittoria, della spada cioè e dello scettro1, dei calzaretti, e del berrettone2 di Baldovino l’Usurpatore, i quali arredi nel momento della sua precipitosa fuga gli eran caduti. Venne tantosto convocata un’assemblea de’ Prelati, dei Nobili e de’ Senatori, e sì universale ed intensa era l’allegrezza, che niun altro fausto avvenimento avea per lo innanzi destato un giubilo simile a questo. Il nuovo Sovrano di Costantinopoli, con elaborata Orazione magnificò la propria fortuna e quella del popolo. „Fuvvi un tempo, ei dicea, un tempo assai remoto, allorchè l’Impero de’ Romani, dal golfo Adriatico al Tigri e ai confini dell’Etiopia si dilatava. Vennero i giorni di calamità, ne’ quali, do-

  1. Cotesto scettro, emblema della giustizia e della possanza, era un lungo bastone, siccome quello che usavano gli eroi di Omero. I Greci moderni lo chiamarono dicanice; ma il bastone ad uso di scettro imperiale distingueasi, non meno degli altri fregi del trono, dal suo colore di porpora.
  2. Acropolita afferma (c. 87) che questo berrettone era foggiato alla francese; però il Ducange (Hist. C. P., l. V, c. 28, 29) a motivo del nastro che vi sovrastava, lo giudica un cappello all’usanza di quelli che i Greci portavano. Ma come supporre che, in ordine a ciò, Acropolita avesse preso un equivoco?