Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XII.djvu/291

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dell'impero romano cap. lxiv. 287

insufficienza di questi annali possono supplire quelli de’ Cinesi1, de’ Persiani2, degli Armeni3, dei

    desi, andati prigionieri in Siberia, fecero sul manoscritto Mongul di Abulgazj-Bahadar-kan, discendente di Gengis, che regnava sugli Usbek di Carasme, o Carizme, tra gli anni 1644-1663; opera assai preziosa per l’esattezza dei nomi delle genealogie e dei descritti costumi della nazione. Essa è divisa in nove parti: la prima delle quali contiene un intervallo che da Adamo giunge sino a Mongul-kan; la seconda da Mongul fino a Gengis; la terza è la vita di Gengis; la quarta, quinta, sesta e settima narra la storia generale de’ quattro figli di Gengis e della loro posterità, l’ottava e la nona, la storia particolare de’ discendenti di Scibani-kan, che regnò ne’ paesi di Morenahar e di Carizme.

  1. Storia di Gengis-kan, e di tutta la dinastia de’ Mongulli suoi successori, conquistatori della Cina, tolta dalla Storia Cinese, opera del R. P. Gaubil Gesuita missionario a Pechino; Parigi 1739 in 4. Questa traduzione porta l’impronta cinese, cioè la scrupolosa esattezza nel raccontare i fatti domestici, e l’assoluta ignoranza in tutto quanto agli estranei si riferisce.
  2. Histoire du grand Gengis-khan premier empereur des Mongouls et des Tartares, par M. Petis de la Croix, à Paris, 1710, in 12. Tale Opera costò all’Autore dieci anni di fatica, ed è tolta in gran parte dagli Scrittori persiani, fra gli altri da Nisavi, segretario del Sultano Gelaleddin che ha i pregi e i pregiudizj di un contemporaneo. O il compilatore, o gli originali hanno dato luogo alla censura di scrivere in istile alquanto romanzesco. V. anche gli articoli di Gengis-kan, Mohammed, Gelaleddin ec., nella Biblioteca orientale del d’Herbelot.
  3. Aitono, principe armeno, indi Fra Premonstrato (Fabricius, Bibl. lat. med. aevi, t. I, pag. 34), dettò in francese la storia de’ Tartari suoi antichi commilitoni; la quale venne immediatamente tradotta in latino, ed è l’opera De Tartaris, inserita nel Novus Orbis di Simone Grineo (Basilea, 1555 in foglio).