Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XII.djvu/373

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dell'impero romano cap. lxv. 369

d’entrambe le parti potersi del pari meritar questo, se per la gloria di Dio hanno combattuto„. La successione legittima del Califfo sembrava un punto più difficile da decidersi, e Timur irritato dalla franchezza di un dottore che, atteso il suo stato attuale, si mostrava troppo sincero, esclamò: „Tu non sei men falso di quelli di Damasco: Moavìa non era che un usurpatore, Yesid un tiranno; Alì solo è il vero successore di Maometto„. Una prudente interpretazione, avendone calmato lo sdegno, passò ad argomenti di conversazione più famigliari: „Quanti anni avete voi? diss’egli al Cadì „—Cinquant’anni—„ Il mio primogenito sarebbe della vostra età. Voi mi vedete, continuò Timur; io non sono che un misero mortale, zoppo e decrepito; nondimeno ha piaciuto all’Altissimo di scegliermi per soggiogare i regni d’Iran, di Turan, e delle Indie. Non son già io un uomo feroce. Iddio m’è testimonio che nelle mie differenti guerre, io non sono mai stato l’aggressore; e che i miei nemici sono eglino stessi gli autori delle loro calamità„. Ma durante questo tranquillo colloquio, il sangue scorreva a fiumi per le strade di Aleppo, e si udivano da ogni banda grida di madri, di fanciulli, e di vergini che veniano prostituite. Certamente il ricco bottino abbandonato ai soldati era un grande incentivo alla loro avidità; ma la crudeltà de’ medesimi, avea un fondamento nel comando assoluto, che ricevettero dall’Imperatore, di presentargli un certo numero di teste, le quali, giusta il solito, fece accuratamente disporre in colonne e piramidi. I Mongulli trascorsero la notte celebrando con allegrezza la riportata vittoria, mentre que’ Musulmani che rimaneano, la passa-