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368 storia della decadenza

Il fronte dell’esercito di Timur vedeasi munito da una linea di elefanti, che portavano torri piene d’arcieri e di fuoco greco. Le rapide fazioni della cavalleria di Timur avendo accresciuto oltre ogni dire lo scompiglio e il terrore de’ suoi nemici, questi si addossavano gli uni agli altri, a talchè vennero affogati o trucidati a migliaia sull’ingresso della maggiore strada di Aleppo; ed i Mongulli entrando nella città mescolati coi fuggitivi, i vili, o corrotti difensori di quella insuperabile Rocca, la rendettero dopo avere opposta una debolissima resistenza. Fra i supplichevoli e i prigionieri, i Dottori della Legge ottennero un maggior riguardo da Timur che gli ammise al pericoloso onore di un parlamento1.  [A. D. 1400] Benchè zelante musulmano, il Principe de’ Mongulli avea imparato nelle scuole della Persia a rispettare la memoria di Alì e di Hosein, e a riguardare i popoli della Sorìa, siccome nemici giurati del pronipote di Maometto. A questi Dottori egli fece una interrogazione capziosa, che i casisti di Bocara, di Samarcanda e di Herat non erano buoni a risolvere. Chi sono, lor chiese egli, i veri martiri? „I soldati uccisi dalla mia banda, o quelli che muoiono nelle file dei miei nemici?„ Ma uno di que’ Cadì seppe accortamente sciogliere la quistione, o per meglio dire chiuder la bocca all’interrogatore, col rispondere valendosi delle espressioni di Maometto medesimo: „essere l’intenzione che forma i martiri, e i Musulmani

  1. Sembra che Arabshà abbia copiate queste curiose conversazioni (t. I, c. 68, p. 625-645) dal Cadì o storico Ebn-Sunà, uno de’ principali attori; ma come potea questi viver settantacinque anni dopo le narrate cose? (d’Herbelot p. 772)