Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XII.djvu/378

Da Wikisource.
374 storia della decadenza

vedere, a una pratica di trent’anni. Egli aveva ridotto a perfezione l’arte militare fra i suoi, senza andar contro alle antiche costumanze della nazione1, le cui forze stavansi tuttavia nella destrezza degli arcieri, e nelle rapide fazioni di una numerosa cavalleria. O guidasse alla pugna una picciola truppa, o un copioso esercito, il modo dell’assalto era sempre il medesimo. La prima linea, facendo immantinente impeto, la sosteneano ordinatamente gli squadroni dell’antiguardo. Il Generale tenea d’occhio la mischia, e seguendone gli ordini, le due ale si avanzavano successivamente in più divisioni, collocandosi in linea diritta od obbliqua, secondo che l’Imperatore giudicava più, o meno necessario il lor soccorso. Incalzava così il nemico con diciotto, o venti assalti, ognun de’ quali una speranza di vittoria offeriva; e ove tutti avessero mancato di buon successo, l’Imperatore credendo quell’opportunità degna di lui, metteva innanzi il suo stendardo e il corpo di battaglia, da lui condotto in persona2. Però nella giornata di Angora anche questo corpo di battaglia fu retto ai fianchi e alle spalle dalle migliori truppe di riserva, comandate dai figli e dai nipoti di Timur. Il distruttore dell’Indostan dispiegava in orgogliosa foggia una linea di elefanti,

  1. V. I Sistemi di Tattica nelle Instituzioni; gli editori inglesi (p. 373-407) vi hanno aggiunte accuratissime Tavole per agevolarne l’intelligenza.
  2. „Il Sultano medesimo, dice Timur, dee mettere coraggiosamente il suo piede nella staffa della pazienza„: Metafora tartara che è stata omessa nella traduzione inglese e conservata dal traduttor francese delle Instituzioni (p. 156, 157).