Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XII.djvu/389

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dell'impero romano cap. lxv. 385

bile ne era l’esercito, illimitata l’ambizione. Il suo zelo lo faceva aspirare a render soggetti e convertire i regni cristiani dell’Oriente che il suo nome solo empiea di spavento. Ei già toccava i limiti del Continente; ma uno stretto braccio di mare, disgiungeva l’Asia dall’Europa1, ostacolo per lui insuperabile, perchè il padrone di tanti toman, o miriadi di soldati a cavallo non possedeva una sola galea. I due passaggi del Bosforo e dell’Ellesponto, di Costantinopoli e di Gallipoli, stavano l’uno in poter dei Cristiani, l’altro in poter de’ Turchi, che in sì imminente pericolo dimenticarono la differenza delle religioni per riunirsi di mutuo accordo, e con fermezza, in difesa della causa comune. E vascelli, e fortificazioni guernirono i due stretti; entrambi i popoli ricusarono a Timur i navigli che ad essi chiedè successivamente, col pretesto di valersene a far guerra ai loro nemici. Nel medesimo tempo l’orgoglio del Tartaro lusingavano, or per via di tributi, or per via di supplichevoli ambascerie, che gli concedeano anticipatamente il merito della vittoria, ma tutte intese con prudenza ad indurlo ad una ritirata. Solimano, figlio di Baiazetto, che implorò la clemenza del vincitore pel proprio padre e per sè medesimo, e mostrò opportunamente ardente desiderio di prostrarsi in persona ai piedi del Monarca dell’Universo, ne ottenne, con patente

  1. Arabshà (t. II, c. 25) descrive come può farlo un viaggiatore curioso e giudizioso ad un tempo, gli stretti di Gallipoli e di Costantinopoli. Per procacciarmi una giusta idea di cotesti avvenimenti ho confrontato i racconti de’ pregiudizi dei Mongulli, de’ Turchi, de’ Greci e degli Arabi. L’ambasciatore di Spagna parla dell’unione de’ Cristiani cogli Ottomani per la difesa comune (Vita di Timur, p. 96).