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temperanza col farlo divenire troppo pingue, lo sformò; sol con una gravità e severità ostentate correggea in pubblico la sua propensione al riso smodato. Vestiva, almeno ne’ giorni di gala, un abito di velluto, o di raso di varj colori, foderato di pelliccia e ricamato d’oro: il bastone della sua magistratura che tenea in mano, era uno scettro d’acciaio tratto ad estrema pulitura, sormontato da un globo e da una Croce d’oro, che racchiudeva un pezzetto della vera Croce. Allorchè trascorrea la città, od assisteva ad una processione, cavalcava un bianco palafreno, simbolo del Governo regio; gli sventolava sopra la testa il grande stendardo della Repubblica, su di cui erano dipinti il Sole in mezzo ad un campo di stelle, una colomba e un ramo d’olivo; gettava alla plebe piastre d’oro e d’argento; cinquanta guardie armate di labarde lo circondavano; lo precedea uno squadrone di cavalleria fornito di timballi e di trombe d’argento massiccio.

[A. D. 1347] Il desiderio che manifestò di ottenere il grado di Cavaliere1 diede solennità all’abbiezione de’ suoi

    dal suo primo esilio, veniva dipinto siccome un mostro. Rienzi traeva una ventrasca tonna trionfale a modo de un abbate asiano or asinino (l. III, c. 18, p. 523).

  1. Comunque stravagante possa sembrare una tal festa, se ne erano vedute altre simili. Nel 1327, un Colonna e un Orsini furono creati cavalieri dal popolo romano, che tentava questa via per avvicinare le due famiglie; fu apprestato a ciascuno de’ due candidati un bagno d’acqua di rose; lor vennero apparecchiati letti con reale magnificenza, e a S. Maria d’Araceli sul Monte Capitolino furono serviti dai venti buoni uomini. Ricevettero indi da Roberto, re di Napoli, la spada di cavalieri (Hist. rom., l. I, c. 2, p. 259).