Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/247

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dell'impero romano cap. lxx. 241

natali, e invilì la dignità del suo ufizio; oltrechè, col farsi armar cavaliere, divenne ad un tempo odioso ai Nobili, fra i quali prendeva sede, e ai plebei che da lui si vedevano abbandonati. Per una tal cerimonia, che dissipò le somme che rimaneano nell’erario, fu posto in opera tutto quanto il lusso e le arti di quella età potevano somministrare. Partitosi dal Campidoglio il corteggio, si trasferì al palagio di Laterano, trovando per tutto il cammino e decorazioni, e giuochi che ne festeggiavano il passaggio; l’Ordine civile e il militare marciavano, ciascuno, sotto le proprie bandiere; le matrone romane accompagnavano la moglie del Tribuno, e gli Ambasciatori de’ diversi Stati dell’Italia, presenti alla cerimonia, dovettero certamente applaudire in pubblico, e deridere in loro cuore, una pompa tanto nuova e bizzarra. Giunto la sera alla Chiesa e al palagio di Costantino, congedò, ringraziandola la numerosa sua comitiva, e la invitò per la festa della domane. Ricevette l’Ordine dello Spirito Santo da un vecchio Cavaliere dopo la purificazione nel bagno. Nel compiere questa cerimonia, più che con ogn’altro suo atto, il Tribuno disgustò e venne in ira ai Romani per essersi valso dal vaso di porfido, d’onde, giusta una ridicola tradizione, Costantino avea per opera del Pontefice Silvestro ricevuto il risanamento dalla lebbra che lo affliggea1. Osò indi vegliare, o piut-

  1. Tutti credeano in quel tempo alla lebbra e al bagno di Costantino (Petr. epist. fam. VI, 2); e il Rienzi, per giustificare in appresso la propria condotta presso la Corte di Avignone, allegò che un divoto Cristiano non poteva avere profanato un vaso di cui s’era servito un Pagano. Cionnulla-