Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/251

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dell'impero romano cap. lxx. 245

del Tribuno; e, posto alla tortura, accusò i Nobili, come suoi instigatori. Dacchè il Rienzi incominciò a meritarsi il destino de’ tiranni, ne prese parimente le massime e le paure. Nello stesso giorno per tanto chiamò, sotto diversi pretesti al Campidoglio, i suoi principali nemici, tra i quali si noveravano cinque individui della famiglia Orsini, e tre della Colonna; ma in vece di trovarsi invitati ad un consiglio, o ad una festa, si videro tenuti prigionieri sotto la spada del dispotismo, o della giustizia; onde, o innocenti, o colpevoli, il timore per loro dovette essere eguale. Lo squillo della maggiore campana avendo adunato il popolo, vennero accusati di una cospirazione contro la vita del Tribuno; e benchè vi fosse fra i Romani chi deplorava la sciagura dei prigionieri, un solo non ardì di sollevare una mano, nemmeno una voce, per sottrarre al pericolo che le minacciava le teste dei primi Nobili di Roma. La disperazione sosteneva in essi l’apparenza del coraggio; eglino trascorsero fra le angosce in separate stanze la notte, e il venerabile Eroe dei Colonna, Stefano, picchiando alla porta del suo carcere, supplicò per più riprese le sentinelle perchè con una sollecita morte da sì indegna schiavitù il liberassero. L’arrivo di un confessore e il tintinnìo di una campana finalmente fecero ad essi manifesto il loro destino. Il salone del Campidoglio, preparato all’uopo del sanguinoso spettacolo, vedeasi tappezzato a rosso e a bianco. Cupa e severa mostravasi la fisonomia del Tribuno; stavano apparecchiati colle scuri in mano i carnefici; lo strepito delle trombe soffocava gli accenti che i Baroni condannati avrebbero voluto volgere ai circostanti; ma in un momento sì decisivo,