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Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/250

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244 storia della decadenza

del suo Capo credea soddisfatta la propria. Ma poichè anche nella vita privata, si stolse dalle leggi della frugalità e dell’astinenza, i plebei che sopportato aveano con pazienza il fasto de’ Nobili, quello del loro eguale mal tollerarono. La moglie, il figlio, lo zio del Rienzi, barbiere di professione, serbando nondimeno ignobili modi, aveano aperte case da Principi.

Così un semplice cittadino descrive in tuono compassionevole, e forse con qualche compiacenza, l’umiliazione dei Baroni di Roma: „Comparivano innanzi al Tribuno col capo scoperto, e colle braccia incrocicchiate sul petto, e cogli occhi bassi; e oh come tremavano!„1. Fintantochè il Rienzi contenne unicamente col freno della giustizia la popolazione, fintantochè le sue leggi parvero essere quelle del popolo romano, la coscienza costringeva i Nobili ad apprezzare quell’uomo, che detestavano per orgoglio e per interesse; ma quando le stranezze del Tribuno fecero sì ch’essi aggiugnessero all’odio il disprezzo, concepirono la speranza di abbattere un potere, che non era più con egual vigore dalla confidenza pubblica sostenuto. La comune sventura ridusse per qualche tempo al silenzio la nimistà dei Colonna e degli Orsini, che si unirono co’ loro voti contra il Rienzi, e forse combinarono insieme i divisamenti per perderlo. Venne in questo mezzo arrestato un masnadiere che aveva attentato contro la vita

  1. Puoi se faceva stare denante a se, mentre sedeva, li baroni tutti in piedi ritti co le vraccia piegate, e co li capucci tratti. Deh como stavano paurosi (Hist. rom., l. II, c. 20, p. 409)! Gli ha veduti, ce li fa vedere.