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266 storia della decadenza


[A. D. 1378] Se la superstizione fosse competente ad indagare le cagioni delle morti immature1, se gli eventi dessero norma a giudicare il merito delle azioni, dovrebbe credersi che l’espediente preso dalla Corte Pontificia, tanto ragionevole e provvido di per sè stesso, fosse stato una disobbedienza ai voleri del Cielo. Gregorio XI morì quattordici mesi dopo il suo ritorno al Vaticano, e venne dietro a tal morte il grande scisma che per oltre a quarant’anni tenne divisa la Chiesa. Composto in quel tempo di ventidue Cardinali il Sacro Collegio, sei di questi erano rimasti ad Avignone; undici Francesi, uno Spagnuolo, e quattro Italiani, entrarono, seguendo le ordinarie forme, in Conclave, ed essendovi ancora la legge che prescrive di scegliere il Papa fra i Cardinali, venne, con unanimità di voti, acclamato Sommo Pontefice l’Arcivescovo di Bari, suddito del Regno di Napoli, e uomo ragguardevole per zelo e sapere, che assunse il nome di Urbano VI. La lettera del Sacro Collegio ne attesta libera e regolare l’elezione, ed inspirato, come d’ordinario, dallo Spirito Santo il Corpo degli Elettori. Effettuatasi nel consueto modo la cerimonia dell’adorazione, dell’investitura e della coronazione, Roma e Avignone obbedirono alla potestà temporale di Urbano VI, alla supremazia ecclesiastica del medesimo, il Mondo la-

  1. Può forse, chi crede l’immortalità dell’anima, ravvisare nella morte un gastigo per l’uom dabbene? Mostrerebbe così una perplessità nella propria fede. Ma un filosofo non può essere di concorde avviso coi Greci ον οι θεοι φιλουσιν αποθνησκει νεος, muore giovane chi è amato dagli Dei (Brunck, Poetae Gnomici, p. 231). V. in Erodoto (l. I, c. 31) la Novella e morale de’ giovani d’Argo.