Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/290

Da Wikisource.
284 storia della decadenza

possedea naturale eloquenza ed ingegno coltivato dallo studio; sollevatosi al di sopra di una volgare ambizione, concepì il disegno di restituire la libertà alla sua patria e di far così il proprio nome immortale. Essendo già stata riconosciuta la fallacia della supposta donazione di Costantino, una tale scoperta allontanava tutti gli scrupoli; il Petrarca era l’Oracolo dell’Italia; e ogni volta che il Porcaro si tornava alla memoria la famosa Ode1 con cui viene dipinto l’Eroe patriottico di Roma, le visioni del Poeta a sè medesimo appropiava. All’occasione dei funerali d’Eugenio, egli tentò un primo sperimento sulle disposizioni degli animi della moltitudine, pronunziando un’elaborata allocuzione, colla quale allettava i Romani a prender l’armi e a riconquistare la libertà; e parea che questi lo ascoltassero volentieri, allor quando un grave personaggio imprese a difendere la causa della Chiesa e dello Stato. La legge chiariva colpevole d’alto tradimento un Orator sedizioso; ciò nonostante il nuovo Pontefice, mosso da compassione e da stima verso il Porcaro, preferì le vie più miti, assumendosi l’onorevole incarico di ricondurre l’uom traviato, e farsene anzi un amico. L’inflessibile repubblicano, chiamato ad Anagni, ne ritornò con nuova gloria, ma sempre più nelle sue massime infervorato. Spiò l’occasione favorevole per mettere in opera i divisamenti concetti; nè lungo

  1. Sopra il monte Tarpeio, Canzon, vedrai
    Un cavalier che Italia tutta onora
    Pensoso più d’altrui che di sè stesso

    Petr. Canz. Spirto gentil ec.
    (Nota dell’Ed.).