Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/292

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286 storia della decadenza

da lungo tempo avvezzi a sofferire e a combattere; concedè loro, per renderli più arditi a ferire, la libertà di vendicarsi su chi volevano delle particolari ingiurie sofferte; per ultimo un milione di ducati in ricompensa della vittoria. „Domani, giorno dell’Epifania, ei soggiugnea, ne sarà facile l’arrestare il Papa e i Cardinali alla porta della chiesa di S. Pietro, o a piè dell’Altare; li condurremo carichi di catene sotto le mura di Castel Sant’Angelo; ivi li costringeremo colle minacce, e all’aspetto della morte, a restituirne questa Fortezza; saliremo indi il Campidoglio, sonerà a stormo la gran campana, e in una Assemblea popolare restaureremo l’antica Repubblica„. Mentre egli trionfava nella sua immaginazione, era già stato tradito. Il Senatore, a capo di una numerosa guardia, circondò la casa, ove assembrati stavano i congiurati. Ben potè il nipote di Porcaro aprirsi un varco in mezzo alla folla; ma il misero Stefano fu tolto da un armadio ove, celatosi, gemea che i nemici avessero prevenuta di tre ore l’esecuzione del suo disegno. Dopo delitti tanto manifesti e moltiplicati, il Pontefice non ascoltò più che le voci della giustizia. Il Porcaro, e nove de’ suoi complici, senza aspettare che confessassero le loro colpe, vennero appiccati, fra le invettive dei partigiani della Corte pontificia, il cui terrore durava ancora; i Romani largirono compassione e quasi i proprj suffragi a questi martiri della pubblica libertà1.

  1. Il Machiavello (Ist. fiorentina, l. VI, p. 373-375, edizione Bettoni) ne porge un racconto brevissimo e in un curiosissimo della cospirazione del Porcaro. La troviamo parimente nel giornale di Stefano Infessura (Rer. Ital., t. III,