Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/311

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. lxxi. 305

e de’ Califfi, quelle stesse piramidi, ferme ed immobili sulle loro basi, s’ergono ancora sopra le traboccanti acque del Nilo. Un edifizio composto di diverse e dilicate parti è più soggetto a perire, e i silenziosi scavamenti del tempo vengono talvolta accelerati dai turbini e dai tremuoti, dalle innondazioni e dagl’incendj. Certamente l’atmosfera e il suolo di Roma hanno provate le proprie vicissitudini; e le alte torri di questa Metropoli sono state crollate dalle loro fondamenta; ma non appare che i Sette Colli si trovino collocati in veruna delle grandi cavità del Globo, nè la città ha sperimentati que’ grandi sovvertimenti della natura che ne’ climi, sotto cui sono poste Antiochia, Lima, o Lisbona, annientano in pochi istanti l’opera di molte generazioni. Il fuoco è l’agente più operoso della vita e della distruzione; la volontà, o solamente la negligenza degli uomini, può produrre e dilatare questo rapido flagello. Or vediamo tutte le epoche degli annali romani contrassegnate da calamità di tal genere. Il memorabile incendio, delitto, o sventura del Regno di Nerone, continuò, con più, o men di furore per sei, o nove giorni1. Le fiamme divorarono un immenso numero di edifizj accumulati in quelle strade anguste e tortuose; e quando cessarono, di quattordici rioni di Roma, sol quattro restavano intatti, tre furono compiutamente inceneriti, gli altri sette

  1. Il dotto critico sig. De Vignolles (Hist. crit. de la rep. des lettres, t. VIII, pag. 74-118; IX, pag. 172-187) pone accaduto questo incendio nell’A. D. 64, 19 luglio, e la persecuzione de’ Cristiani, che ne conseguì, incominciata nel 15 novembre dello stesso anno.