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me per distorre Maometto dagli ideati divisamenti; ebbero bel rimostrare che l’avolo del Sultano, per fabbricare solamente una Fortezza nel proprio territorio, ne avea chiesta permissione all’Imperatore Manuele, nè trattavasi allora di una duplice fortificazione che rendesse i Turchi padroni dello Stretto, siccome questa, il cui fine non poteva essere se non se di rompere la lega fra le due nazioni, d’impedire il commercio de’ Latini sul mar Nero, e fors’anche di affamare Costantinopoli. „Io non intraprendo nulla contro la vostra città, rispondea lo scaltrito Sultano, ma pensate che le sue mura sono il limite del vostro Impero. Vi siete forse dimenticati le strettezze in cui si trovò mio padre, quando vi collegaste cogli Ungaresi, quando questi invadeano dalla banda di terra il nostro territorio, e quando aprivate alle galee francesi l’ingresso dell’Ellesponto? Amurat dovette guadagnarsi colla forza il passaggio del Bosforo, e lo effettuò, perchè il poter vostro non corrispondeva alla vostra mala volontà. Mi ricordo che io, allora fanciullo, stavami ad Andrinopoli; quella volta i Musulmani tremarono, e i Gaburi1 ci derisero per

  1. Duca esprime col vocabolo di Kabur il predicato di spregio che i Turchi applicano agl’Infedeli; Leunclavio e i moderni scrivono Giaur. La prima di queste parole, giusta il Ducange (Gloss. graec., t. I, p. 530), viene da Καβουρον, che in greco volgare significa testuggine, „col quale, continua il Ducange, i Turchi voleano indicare un moto retrogrado fuor della fede„. Ma sfortunatamente per l’interpretazione del Ducange, Gabur (Bibl. orient., p. 375) non è altra cosa che il vocabolo Gheber, ghebro, che è passato dalla lingua persiana alla turca, ed applicato prima agli adoratori del fuoco, venne appropiato a quei della Croce.