Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XIII.djvu/89

Da Wikisource.

dell'impero romano cap. lxviii. 83

Ottomani. Costantino dopo avere ripartite le fazioni e il comando de’ posti più pericolosi, si accinse a difendere l’esterno muro. Ne’ primi giorni d’assedio, i soldati scesero nella fossa d’onde fecero una sortita in piena campagna, ma non tardarono ad avvedersi che, avuta proporzione del numero de’ combattenti d’entrambi i campi, era più funesta ai Greci la perdita d’un Cristiano, che al nemico quella di venti Turchi; laonde dopo queste prime prove di coraggio, si limitarono prudentemente a lanciare armi di gittata dall’alto de’ baloardi, prudenza che in tale istante non potea essere accusata, come viltà, comunque la popolazione greca fosse in generale pusillanime e vile; l’ultimo de’ Costantini si meritò il nome di Eroe; la sua nobile truppa di volontarj parea infiammata dello spirito de’ primi Romani, e gli ausiliarj stranieri sosteneano l’onore della cavalleria d’Occidente. In mezzo al fumo, fra lo strepito e il fuoco de’ loro archibusi e de’ loro cannoni, percoteano incessantemente con grandini di dardi il nemico. Tutte le bocche delle greche spingarde mandavano cadauna nello stesso tempo sui Turchi cinque e persin dieci palle di piombo della grossezza d’una noce; e giusta la spessezza delle file, o la forza della polvere, ciascun colpo potea trapassare l’armadura e il corpo di molti guerrieri; ma i Turchi bentosto, riparando la loro via con trincee, o tenendosi dietro alle rovine, si avvicinarono maggiormente. Ogni dì più periti nella scienza militare divenivano i Cristiani, ma i lor magazzini da polvere, mal provveduti sin da principio, non doveano tardare a votarsi. La loro artiglieria scarsa e di picciol calibro, non potea produrre grandi effetti, e se aveano an-