Pagina:Gino Arias Le istituzioni giuridiche medievali nella Divina Commedia 1901.djvu/16

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Gli Scolastici, scrive il Carmignani, usavano la parola diritto come significativa di legge, considerando la legge come comando di un superiore, laddove l’Alighieri ravvisa la giustificazione del diritto nella ragione.

La definizione distingue, a differenza di ogni altra precedente dell’età medievale, aggiunge l’illustre criminalista, la morale dal diritto, dà a quest’ultimo per origine e titolo la eguaglianza di ragione, e riconosce infine che il diritto non può concepirsi fra gli uomini che nel loro stato di società.

A dir vero, io non credo che i pregi della definizione Dantesca sieno tali da far dimenticare gli innegabili difetti.

Sì certo, lo «ius» Dantesco, a differenza della «iustitia» Scolastica (ispirata sempre alla rectitudo, come a norma suprema)1, è qualcosa di assolutamente diverso dalla morale. Ma questo distacco, se da un lato costituisce un progresso nella maniera di concepire il diritto, dall’altro, per esser così reciso e incondizionato, porta che al vecchio criterio della rettitudine, posto del

  1. Scrive S. Tommaso d’Aquino: «Iustitia virtus quaedam, quae -ordinat actum hominis secundum rectitudinem, in comparatione ad alium singularem hominem, vel in comparatione ad bonum communis multitudinis». Sum. Theolog. Prima, quaesti il 3, art. 3.