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libro primo - capitolo settimo 143


non solo l’apice supremo ma la base prima della scienza (secondo che si ha rispetto al riflessivo conoscimento o vero all’intuitivo), ogni falso concetto dell’infinito altera quello del finito, facendo un viluppo delle due nozioni e riducendole a quella dell’indefinito, conforme facevano gli antichi; tanto che il panteismo è un regresso all’antichitá digiuna della scienza infinitesimale cosí nel calcolo come in metafisica. Da cotal confusione nasce a filo di logica un pirronismo fatale sulle idee e sui fenomeni, e un tal miscuglio di contraddittorie che vien meno ogni norma e legge assoluta nel doppio circuito delle cose e delle nozioni. Perciò ogni qual volta il prefato sistema discende alle ragioni della pratica, non può risultarne per le azioni individuali e sociali altra regola che relativa: l’etica e la religione sono distrutte dai fondamenti, la personalitá divina e la permanenza dell’umana svaniscono, gli esseri e i loro concetti si riducono a mere parvenze, e in politica il senso volgare viene a conquidere il senso retto. Vero è che, stante la pugna interiore, l’essenza sofistica e le varie facce del panteismo, si possono dedurre dai princípi hegeliani conseguenze opposte; onde non è da meravigliare se il concetto proprio di questa filosofia si dirami e digradi in tante opinioni e cosí disformi come quelle che distinguono un consesso rappresentativo. Ma nella figliazion successiva e negl’intrecci paralleli delle inferenze contrarie la paritá è piú speciosa che reale: le illazioni negative sovrastanno alle positive, e la dogmatica apparente dei primi progressi è soverchiata e vinta dal nullismo effettivo delle ultime conclusioni.

Bisogna però distinguere le conclusioni del fondatore da quelle di alcuni de’ suoi discepoli1. Imperocché il buon giudizio e l’istinto pratico (come accade agl’ingegni privilegiati) ritennero il primo sullo sdrucciolo delle sue dottrine e lo indussero a temperarle, dove che i secondi non ebbero la prudenza o vogliam dire la discrezione medesima. La nuova scuola hegeliana non manca certo di vena e di dottrina, parti quasi

  1. I quali si qualificano con caro e onorevole epiteto ma abusato, perché in alcune parti di Europa «giovine» è oggi sinonimo di «bambino».