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libro primo - capitolo settimo 155


e radice di ogni disordine. Accade alla libertá quel medesimo che all’autoritá sua compagna e correlativa, di cui non solo gli Stati ma la famiglia e la religione abbisognano, ma come di aiuto e di mezzo semplicemente. Errano pertanto coloro che considerano l’autoritá e l’ubbidienza come cose intrinsecamente e assolutamente buone; dove che sono tali in quanto conferiscono al loro proposito, che è il mantenimento ed il fiore del convitto e della legge. Cosí intesa, l’autoritá è necessaria e legittima, l’ubbidienza obbligatoria, diventando amendue morali e prendendo essere di diritto e di dovere, di pregio e di merito: altrimenti si corrompono e nocciono, come quando l’ossequio è cieco e la signoria capricciosa.

La libertá e l’autoritá sono due corrispettivi che si debbono accoppiare per sortire l’intento loro. La prima, abilitando le varietá naturali a esplicarsi, fa sí che la civil comunanza veste e rappresenta in ristretto i pregi della specie; la seconda, unizzandola, le dá forma d’individuo. L’una è la fonte del progresso che svolge le potenze sociali, l’altra è la guardia che le conserva. Entrambe hanno il loro archetipo nella creazione, stante che il Creatore è idea e causa, necessario e libero ad un tempo; onde l’azione concreativa del consorzio umano si modella all’azione creativa. Ma ciò che in Dio è uno si parte fra i mortali; onde negli ordini civili la libertá e l’autoritá si debbono circoscrivere a vicenda né possono essere infinite, perché nel limite versa la distinzione e seco la perfezione delle creature: rimosso il quale, non si avrebbe giá l’infinito che è incomunicabile, ma l’indefinito che è caos, disordine, guazzabuglio. La libertá senza l’autoritá è caso, l’autoritá senza la libertá è fato; laonde il dispotismo è il fato, e la licenza è il caso sociale. Ma il fato e il caso si oppongono del pari all’ordine morale, perché l’uno è ineluttabile e senza merito, l’altro cieco e senza armonia. Quei politici che pongono nell’autoritá sola la molla civile annullano le potenze umane, spengono ogni avanzamento, abbassano l’uomo a condizione di bruto e di automato e nocciono in fine all’autoritá medesima. La quale, travagliandosi negli esseri liberi, ha d’uopo