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libro primo - capitolo nono 225


col principato ideale del pontefice e col guerriero del re subalpino instaurare la nazionalità italica senza pregiudizio anzi con pro della religione, e il primo anno del nuovo pontificato mostrò che il disegno non era un sogno. Ma l’operatore non era pari all’opera: seppe incominciarla portatovi e quasi spinto dall’universale, non proseguirla e proteggerla dalle fazioni di cui egli stesso a poco andare fu preda e ludibrio infelice. I municipali, riavutisi dal primo terrore, s’insignorirono dell’animo suo con pietosi pretesti; seminarono sospetti sulla lealtá e la religione degli amatori d’Italia, prevalendosi a tal effetto di certi eccessi occorsi e attribuendo a tutti la colpa di pochi; suscitarono timori intorno alla crescente grandezza del re sardo, rinfrescando le vecchie tradizioni della corte e curia romana sui pericoli di un principato potente nella penisola. Quasi che le massime e le pratiche dei bassi tempi si confacciano ai dí nostri, quando la vigilanza reciproca degli Stati, la civiltá cresciuta e l’opinione padroneggiante sono la guardia piú efficace dalle usurpazioni; ovvero che un principe italiano e cattolico, civile e forte, non fosse miglior presidio, piú efficace, decoroso e sicuro per la libertá della Santa sede che non l’Austria straniera e abborrita o la Russia scismatica e barbara.

Le stesse sospizioni furono sparse e accreditate in Toscana, mentre era ministro Cosimo Ridolfi, uomo colto e onorando ma troppo municipale. Anch’egli parve invidiasse al re sardo la gloria delle armi e al Piemonte la potenza delle aggiunte provincie, e prestò facile orecchio alle menzogne dei calunniosi1.

  1. Fra i calunniati ebbi luogo anch’io in occasione del mio rapido passaggio per l’Italia centrale nel quarantotto. Io feci questa gita (a cui non pensava ripatriando) non mica per riscuotere applausi, come altri credette imputandomi una vanitá puerile alienissima dalla mia indole, ma per consiglio degli amici. Trasferitomi da Parigi in Piemonte all’entrar di maggio per le vive e iterate istanze di Pierdionigi Pinelli, questi e altri mi confortarono di andare a Milano per chiarire qual fosse la mente del Mazzini, vedere se i temuti pericoli della Dieta richiesta fossero fondati e sollecitare l’unione politica di Lombardia col Piemonte. Ragionai su tal proposito nel circolo costituzionale: le mie parole furono bene accolte e animarono quei signori a chiedere la pronta apertura dei registri, che fu conceduta specialmente per opera di Giuseppe Durini, col quale ebbi anche un abboccamento
V. Gioberti, Del rinnovamento civile d’Italia - i. 15